AUTOMAZIONE > LAVORO



- /- /2013

Il Paradeosso Della Non Sostenibilità
"Viviamo una società dei consumi, senza lavoro per lavorare, senza reddito per consumare"

Consumismo un modello fallito da ripensare ?
L’automazione sottrae posti di lavoro ?
Ma se questo lavoro un giorno sparisse, non ci fosse più per tutti ?

Se riflettiamo sulla nostra società,  inscatolata dentro a delle città senza possibilità di auto produzione, di indipendenza  alimentare, dove le nostre uniche tenute agricole sono la moltitudine dei vasi fioriti che decorano i nostri balconi. Una società dove l’unica via di fuga a questa situazione sembra l’idea recuperata degli orti urbani. quei piccoli appezzamenti di terreno solitamente pubblico, demaniale, comunale, ecc … ceduti in uso gratuito per l’autoproduzione di cibo. ……. Iniziativa apprezzabile, ma una goccia nel mare per i crescenti commensali della Caritas. Un compromesso per sanare gli errori commessi in partenza quando si è deciso di rinchiudere la popolazione, tutti insieme appassionatamente, dentro a delle scatole di cemento. Solo i più saggi non hanno ceduto alle lusinghe, stringendo i denti, continuando a faticare, sono rimasti fermamente convinti della sicurezza offerta dal proprio terreno agricolo. Mentre la maggior parte, si faceva ingannare dalle pubblicità,  dalla sbandierata modernità accompagnata da una vita facile, dove gli elettrodomestici avrebbero lavorato per noi, …….. felici in panciolle spalmati sul divano a guardare la TV che passava un carosello pieno di beatitudine consumistica, un idillio di crescita infinita, una condizione di sereno equilibrio, di pace, di felicità………. Sveglia alle 7.00 una bella colazione piena di conservanti, edulcoranti , addensanti, e via, dentro all’ascensore dell’ottavo piano, ultimo controllo del look allo specchio interno, e giù,  giù, fino al pian terreno, un sorrisino al vicino rompiscatole, poi fuori dall’atrio del megacondominio,  una pigiatina al telecomando per aprire la macchina e guidare fino al lavoro soffocati dallo smog, con i polmoni incazzati come delle jene che non fanno altro che tossire, poi, un po di sano stress da traffico che ti toglie almeno dieci anni di vita, con i nostri inutili centocinquanta cavalli sotto al culo, quando ne bastano due per arrivare ovunque, un delirio travestito di felicità. la perdita della visione razionale …….Poteva durare ? ….. Abbiamo fatto di tutto per rallentare la lenta ma inesorabile agonia di un sistema fallito e insostenibile, mascherandolo con un buona dose di ipocrisia. Bleffando con noi stessi: usiamo auto che scaricano gas veleniferi, bruciamo i rifiuti che inquinano l’aria, subiamo ambienti di lavoro pericolosi che producono merci e morti, consapevoli che tutto questo può essere evitato, ma siamo pigri, mentalmente e fisicamente.     
  
L’esistenza è una conquista continua, è imparare a superare gli ostacoli, a spiccare il primo volo, a catturare la prima preda.  Nessuna fatica, è un po come rimanere eternamente neonati  avvolti nella bambagia delle pappette, è come aspettare nel nido al calduccio l’arrivo del vermetto passato dal becco di una mamma svolazzante, è come avere sempre  qualcuno che pensa a te. Insomma questo modello è sbagliato riduce gli sforzi fisici, ma ti riempie di insoddisfazione, inquietudine, infelicità, incomunicabilità,  bruttezza d’animo, colora la vita di grigio e crea mostri che ammazzano anche i propri figli.           

Negli anni 70 gli orti urbani erano un’appendice naturale, una estensione del proprio io, verso spazi’aperti, dove bypassare il senso di claustrofobia dello scatolone artificiale. Oggi invece sono una  vera e propria necessita esistenziale, un’ancora di salvezza alimentare. Chi troviamo in questi orti ? Soprattutto anziani, chinati a terra per integrare la pensione, per contribuire al risparmio famigliare, per poter esistere. Viviamo in una società dove il reddito è stato legato, agganciato alla attività lavorativa,  . …….. Per i comuni mortali,  ….. hai un reddito se hai un lavoro; se spendi le tue energie, se ti dai da fare, che, in linea di principio può essere condivisibile.  A nessuno piace sgobbare anche per gli altri, a meno che non siano impossibilitati per ragionevoli motivi, per disabilità. Ma qui allora parliamo di volontariato, quella bellissima voglia di donare se stessi agli altri, di sentirsi utili, di proteggere i più deboli, “l’altro lavoro” che produce ricchezza sociale. Se fai volontariato vero, quello non retribuito neanche  simbolicamente, qualcosa o qualcuno ti permette questo lusso, voglio dire che una qualche forma di reddito, di sostentamento non ti manca, perchè con la ricchezza sociale, oggi,  nun se magna……… oppure, ……. Ecco il salto di qualità ……. è questo il Lavoro del futuro ? Quello che recupera la disoccupazione, quello che riempie lo spirito e accarezza l’anima, che fa intrecciare i rapporti umani,  che fa ridere i bambini malati negli ospedali pediatrici, sorridere gli anziani soli dei day ospital, che regala serenità alle difficoltà famigliari ………..forse è questo il nostro Lavoro ? Giustamente retribuito. Chi poi preferisce la tecnica si dedica agli automatismi che liberano energie per il sociale ……….. Regaliamo la ripetitività alienante dei tempi moderni di Charlie Chaplin ai robot !!! Io spero sia così. Spero che le prossime generazioni si liberino di quella croce di nome catena di montaggio, di quella bruttura che vive nell’inutilità del costruire un oggetto migliaia di volte, sempre quello, sempre lo stesso, sempre uguale. Non ci siamo evoluti per far morire la mente tra odori nauseanti di solventi, avvolta da nastri trasportatori, ingabbiata tra sbarre e sirene di fine turno, la mente vuole i suoi spazi di conoscenza, di cultura, di meditazione, di riflessione, vuole la libertà.

Nell'antichità l'uomo era nomade, ossia si spostava da una zona all'altra, cibandosi solamente di ciò che offriva il luogo (frutta, radici, bacche, ecc.) era raccoglitore e cacciatore. Con la sua trasformazione a sedentario, l'essere umano cominciò ad allevare bestiame ed a coltivare i campi. Da quel momento, complice l'aumento della popolazione, esso ha sempre cercato di trovare un rimedio per aumentare la superficie coltivabile, incrementare la produzione agricola e migliorarla adeguandola ad uno stile di vita sempre più esigente.

Oggi la nostra società è ampiamente in grado di soddisfare i bisogni primari dei suoi cittadini, l’alimentazione su scala planetaria, potrebbe essere una aspirazione divenuta  realtà. A nessuno deve essere negato il diritto all’alimentazione, a una vita degna, in un mondo di sovra produzione. Una attenta e sostenibile gestione delle risorse e delle produzioni, potrebbe creare benessere diffuso a rifiuti zero o quasi, by-passando il consumismo e il suo primordiale legame di esistere come forma di sfruttamento

Concettualmente i mercati finanziari con il loro potere economico, esistono e si muovono per dare la possibilità a pochi che siedono nelle posizioni più alte della scala sociale, di “sfruttare le energie fisiche” di quegli esseri umani sfortunati che appartengono  a classi sociali inferiori,  gli svantaggiati per DNA.  
Potrebbe un uomo solo costruire una reggia da 4000 Mq alta quattro piani, con un curato parco di 10 ettari, piscine, solarium, dependance, laghetto, campi da tennis, da calcio e quant’altro “non” indispensabile a una vita sostenibile  ?
La risposta è chiaramente no, neanche se spendesse tutta la sua esistenza per compiere questa impresa. Ma c’e chi ha capito che sfruttando parassiticamente le energie altrui, può vivere al disopra delle proprie possibilità e del proprio lavoro.  Ecco allora che qui entra in gioco la differenziazione degli appartenenti al branco. Come nella natura animale alcuni componenti del branco primeggiano in determinazione, forza fisica, astuzia e purtroppo anche per aggressività e  avidità. I mercati finanziari sono lo strumento evoluto del primeggiare nel branco, per trarne vantaggio personale. La nostra evoluzione sociale si è compiuta e si compie attraverso questo modello di coesistenza, attraverso un modello primordiale animale, mai superato, che oggi sopravvive nel consumismo, e non ha saputo nei millenni, trovare soluzioni per una convivenza armoniosa e integrativa degli esseri viventi, attendiamo ancora  ….. intelletto batte primordialità 1-0 con la morte della supremazia dei mercati sull’uomo.   

Tentata un un’analisi concentrata, un’ accellerato  flash back ………. 
Non dobbiamo demonizzare l’automazione e le tecnologie informatiche, l’atteggiamento  non deve essere quello di contrapposizione, anzi ben venga tutto ciò che può sollevare l’essere umano da fatica e alienazione produttiva, questi cambiamenti  però, impattano sulle convenzioni di esistenza che ci siamo dati, sottolineiamo che ce le siamo date noi, nessuno ci ha imposto i meccanismi dentro cui ci muoviamo. ………i modelli a cui eravamo abituati vanno ripensati, rimodulati, per cui nessuna guerra aperta al nuovo che avanza figlio del motore a vapore e dell’elettricità, sigliamo un patto di convivenza sostenibile, una automazione che liberi lavoro sostenibile, che dia reddito diffuso.       

L ‘industrializzazione prima, le macchine automatiche dopo  insieme alle nuove tecnologie, riducono sottraggono inevitabilmente posti di lavoro. Il settore che prima di tutti ha evidenziato questo conflitto è l’agricoltura. Tanti campi e poche macchine.

È stata una migrazione volontaria quella dei lavoratori della terra negli anni 50/60 ?
Da sempre leggende metropolitane ci  raccontano che lo svuotamento delle campagne da parte dei lavoratori agricoli è avvenuto per evitare la fatica fisica, ma non è così, per lo meno non è solo così !!!...... l’avvento dei trattori a condizionato lo spostamento della manodopera alla ricerca di nuova occupazione, lo sviluppo della meccanizzazione agricola, a richiesto masse di lavoratori negli insediamenti industriali produttivi, le città si sono urbanizzate accogliendo i nuovi lavoratori della meccanica, così sono nati i grandi agglomerati urbani le megalopoli, fumose e inquinate, territori dell’alienazione, della solitudine, della aggressività e dell’insicurezza sociale.   

L’occupazione post industriale, segna una curva in continuo declino nello scorrere del tempo, con un processo inversamente proporzionale all’automazione e alla informatizzazione.  Per questo serve una presa di coscienza consapevole del cambiamento in atto e  un nuovo modello di coesistenza fra persone e lavoro, fra impegno produttivo e reddito disponibile per i cittadini.
  
La tecnologia progredisce ad alta velocità e, dopo avere sostituito la fatica fisica con l’automazione, va sostituendo il lavoro intellettuale con l’informatica. L’automobile ha sostituito il cavallo, il bancomat ha sostituito il cassiere, l’I-Pad va sostituendo i lavoratori delle cartiere, delle tipografie e delle edicole. Sempre più spesso il datore di lavoro che vuole incrementare la produzione della sua azienda compra un robot invece di assumere un dipendente.

[…] I grandi protagonisti del nostro tempo e le grandi compagnie / corporazioni,  stanno progettando il nostro futuro, la Google Robotics, a dicembre (2013) ha annunciato l’acquisto di 7 compagnie di robotica negli ultimi sei mesi. Poi ha comunicato l’acquisto di un’ottava azienda, la Boston Dynamics, Tutto ciò si somma alle ricerche di Mountain View (una della maggiori città che formano la Silicon Valley, e vi si trova il quartier generale e/o i centri di ricerca di molte importanti compagnie informatiche ed elettroniche) ricerche già in atto riguardanti l’intelligenza artificiale, che potranno aprire la strada ai robot più capaci mai visti sinora, l'auto senza conducente è una delle pulsioni primarie di Google verso la robotica, il colosso dell’algoritmo cerca giustamente applicazioni per il proprio
core-business. […]

[…]  Da qualche tempo i termini della discussione, almeno negli Usa, sono un po’ cambiati: si gioisce quando un’azienda riesce a riportare a casa una produzione che aveva trasferito in Asia, salvo poi scoprire che la nuova fabbrica è altamente automatizzata, genera poco lavoro. E Race Against the Machine, un libro pubblicato nel 2011 da Erik Brynjolfsson ed Andrew McAfee, è diventato la bibbia di chi sostiene che l’insidia per i lavoratori dei Paesi avanzati non viene tanto dalle nazioni emergenti, quanto da un progresso tecnologico troppo veloce e troppo concentrato sulle tecnologie informatiche. Un processo che non riesce ad aprire la strada a nuove produzioni e a nuovi mestieri con la stessa velocità con cui scarica gli addetti resi superflui dai processi di automazione. La rivoluzione industriale degli ultimi due secoli ha camminato su innovazioni radicali – dal motore a vapore all’elettricità – che hanno letteralmente generato nuovi settori industriali e la capacità di soddisfare nuovi bisogni. La rivoluzione delle tecnologie digitali sta forse cambiando le nostre vite in modo altrettanto radicale, ma i nuovi lavori che nascono dal mondo delle applicazioni, pur numerosi, non sono la valanga che sarebbe necessaria  […]

Se l’aspirazione negli anni 70 era quella di ritenere che l’automazione avrebbe ridotto le ore di lavoro necessarie per costruire un reddito di auto sufficienza, di indipendenza economica, oggi quel progetto descritto anche da grandi imprenditori illuminati, sembra in declino, irrealizzato e irrealizzabile, mancava il tassello della insostenibile crescita infinita,  le previsioni hanno tradito le aspettative e, i vantaggi dell’automazione non si sono tradotti in una diminuzione del carico lavorativo a parità di reddito, ma in un ampliamento dei margini di ricavo per i sopracitati piani alti della scala sociale.

Tante categorie oggi al lavoro, tremano all’idea della introduzione di macchine umanizzate,  basti pensare ai droni, aerei che si guidano da soli, all’auto senza conduttore (in sperimentazione sulle strade della California e dell’Arizona) e ai treni automatici (già in servizio, dalla baia di Tokio a Dubai). Trema chi lavora con un volante in mano. Negli Stati Uniti sono un esercito: oltre tre milioni i camionisti, quasi 600 mila gli autisti di autobus, 340 mila i tassisti.

A queste considerazioni seguono una serie di riflessioni scontate con punto interrogativo:
Quale modello di società serve per dare vita degna di questo nome ai cittadini del mondo ?
Il sistema della crescita infinita dei paesi evoluti per soddisfare la distribuzione del reddito da lavoro, è un modello ancora percorribile ?
Possiamo continuare a produrre rifiuti per mantenere in vita un processo autodistruttivo

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